24.02: Vita e fatti del nostro santo padre Giovanni Therestisa cura del Protopresbitero Giovanni Festa |
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Vita e fatti del nostro santo padre Giovanni Theresti
Tratto da http://www.imperobizantino.it/il-bios-di-san-giovanni-theristis/ Questo nostro santo padre Giovanni Terestì era di Calabria, dalle parti di Stilo, figlio di genitori cristiani nobili e ricchi; e suo padre era arconte di un villaggio chiamato Cursano; sopraggiunti un tempo alcuni barbari per mare con navi dall’isola di Sicilia contro la detta regione e devastando e saccheggiando molte città e villaggi, annientarono anche il predetto villaggio di Cursano, e uccisero il padre del santo, ma portarono prigioniera nella loro terra, nella città di Palermo, la madre che era incinta; lì uno dei capi di quelli la prese come sua sposa. Ma quando partorì e generò questo venerando fanciullo, la madre lo allevava nell’educazione e nella legge del Signore; mentre il marito di quella lo abituava ai suoi barbarici costumi. Ma quando giunse a quattordici anni gli disse la madre: “Sappi, figlio, che questa non è la nostra patria, né questo è tuo padre; ma sei figlio di un nobile; ed io fui condotta qui prigioniera di guerra; e tuo padre venne ucciso da questa gente barbara in Calabria nostra patria, nel nostro villaggio di Cursano, presso lo Stilaro, lungo il fiume sopra il monastero del luogo chiamato Rodo Robiano sotto il monte di Stilo; e in quel villaggio è il nostro palazzo e lì abbiamo nascosto i nostri tesori”: e gli indicava il luogo dove li avevano nascosti… [La madre insegna a Giovanni la necessità del battesimo e gli consegna una croce che cela ai Saraceni. Il giovane fugge dalla Sicilia e giunge a Stilo, dove il vescovo lo sottopone a dure prove, infine…] lo condusse in chiesa con molto e grande onore, e lo battezzò e lo chiamò con il suo nome di Giovanni e lo teneva con sé dei giorni opportuni per catechizzarlo e gli insegnò le verità della fede. E in quei giorni entrando spesso il santo in chiesa osservava molte immagini di differenti santi; e domandava a quello: “Di chi è questa immagine? e quest’altra di chi è?”… Venuto all’immagine di san Giovanni Battista, chiedeva: “E questo chi è, vestito di pelle di cammello?”, gli risposero: “Questo è san Giovanni Battista, che tu devi prendere a modello: tu, infatti, ti chiami Giovanni come questo santo; per questo devi imitarne la vita”. Invitatili a spiegarli la vita di questo santo, e gli dissero che questo santo vagava nel deserto, e gli narrarono il resto della sua vita. Ed egli sentitolo fu pieno di amore divino, e presentatosi dal vescovo, chiese licenza di recarsi in un deserto, ove potesse raggiungere la quiete e salvare la sua anima; e gli indicarono sul monte a settentrione un luogo selvoso distante due miglia, dove c’era un cenobio, dicendo: “In quella casa abitano alcuni monaci che osservano la vita e la regola del grande Basilio”. Andato in santo giovane in quel luogo trovò due santi padri, Ambrogio e Nicola. [Respinto dai monaci, si impone loro per la fortezza della determinazione, e viene infine accolto nel cenobio.] Dopo non molto tempo si ricordò il santo delle parole che gli aveva dette la madre, e rivelò tutto a quei santi padri, e che egli era di quella regione, del villaggio devastato di Cursano, figlio del nobile che era stato ucciso dai barbari, e i tesori nascosti dove era il suo palazzo, e il resto. Un giorno dunque il santo, preso con sé uno di quei santi padri, andarono nel detto luogo e cercarono i suoi tesori; e avendoli trovati, distribuirono tutto ai mendicanti, secondo la regola del loro padre il grande Basilio. [Un nobile offende Giovanni, e viene punito con un fuoco nelle viscere; per le preghiere della madre di quello, il santo lo guarisce; essi donano al monastero un campo che dall’episodio prende il nome di Pirito.] C’era un nobile in Robiano, che ora si chiama Monasterace, che era benefattore del monastero, e ogni anno usava donare ai santi padri ciò che fosse loro necessario. Voleva una volta il santo Giovanni recarsi da lui, nel mese di giugno e nel tempo della mietitura; prese con sé un piccolo vaso di vino e poco pane e andava. Giunto nei luoghi chiamati Muturabulo e Marone, vide una turba di mietitori che mieteva i campi del detto nobile, i quali, visto il santo, cominciarono a dileggiarlo e deriderlo; ma quello avvicinatosi li abbracciava, e invitandoli diede da mangiare e bere a tutti del pane e del vino che aveva, e tutti si saziarono, e il pane e il vaso non diminuirono. Visto questo, il santo si gettò a terra ringraziando Dio, e mentre pregava si levò il vento e iniziò a piovere. Tutti i mietitori fuggirono sotto gli alberi. Solo il santo rimaneva a pregare. Terminata la preghiera, vide quei campi mietuti e tutti i covoni legati, e tornò al suo monastero. Cessata la pioggia vennero di nuovo i mietitori a completare il loro lavoro; e trovarono tutto ormai mietuto e legato; ma non videro il santo; ma si recarono a casa del padrone per ricevere il salario, cantando e danzando per strada. Fattosi loro incontro per strada il padrone cominciò a rimproverarli e svillaneggiarli dicendo loro: “Stolti e pazzi, perché fate ciò? chi vi ha insegnato a lasciare il lavoro a mezzodì in un giorno di mietitura?”, e risposero a lui: “Signore, è tutto mietuto e legato”. Egli disse: “Come è possibile ciò, se neppure per domani mi basterebbero trecento altri mietitori?”, e quelli confermavano quanto detto, che il tutto era andato così. Li interrogò dicendo: “Avete preso forse qualche altro aiuto?”; risposero: “Non abbiamo avuto altro aiuto se non un monaco del monastero, che venne da noi e ci diede da mangiare e bere, poi non l’abbiamo visto più”. Allora disse quel signore: “Questo monaco per grazia divina ha mietuto i miei campi ed io voglio che questi campi siano suoi”: e consacrò al monastero i detti luoghi di Muturabulo e Marone. Il monastero li ha e possiede fino ad oggi; e per questo miracolo il santo fu chiamato Therestì. Un nobile di nome Ruggero, figlio del sovrano del paese, aveva sul volto una ferita inguaribile, che non poteva venire curata da alcun medico. Questi, ascoltata la fama di questo santo, che compiva molti prodigi e curava molti da diversi e vari morbi, e cacciava molti demoni dagli uomini, speranzoso andò da lui; e lo trovò che era uscito da questa vita, e ne giacevano le spoglie; e caduto a terra ai suoi piedi, lo invocava a lungo dicendo: “O beato Giovanni, ti prego, non per grazia mia, ma per la tua virtù e bontà; supplica il pietoso Dio per me perché mi liberi da questo morbo del volto”, e così avendo detto prese il lembo della veste del santo e con quello si nettò il volto, e subito venne liberato da quella malattia, e sul volto non rimase alcun segno. Visto ciò quel nobile e altri miracoli che avvenivano di fronte a lui, glorificò Dio e questo san Giovanni Terestì, e per il beneficio ottenuto restaurò tutto il monastero e la chiesa, e vi consacrò molte terre e ricchezze, che il detto monastero ha e possiede fino ai giorni nostri. autore: ULDERICO NISTICO’
VITA E FATTI DEL SANTO PADRE NOSTRO GIOVANNI THERISTìS Sta in http://www.oodegr.com/tradizione/tradizione_index/vitesanti/giovtheristis.htm
1. Il nostro santo padre Giovanni Theristìs era della regione della Calabria, del territorio della città di Stilo, figlio di Genitori cristiani nobili e ricchi, e suo padre era arconte di un villaggio chiamato Cursano. Giunti una volta dall’isola di Sicilia alcuni barbari, per mare, con delle navi, nella predetta regione, devastando e depredando molte città e villaggi, devastarono anche il predetto villaggio di Cursano ed uccisero il padre del santo, mentre condussero schiava la madre, che era incinta, nel loro paese, nella città di Palermo; lì uno dei loro arconti la prese in moglie. Quando partorì generò questo venerabile fanciullo, che la madre allevava nella disciplina e nella ammonizione del Signore, mentre suo marito lo abituava ai suoi costumi barbarici. Quando fu di circa quattordici anni, la madre gli disse: “Sappi, o figlio, che questa non è la nostra patria, né questa è la tua patria, ma sei figlio di un nobile: io fui condotta schiava qui, mentre tuo padre fu ucciso da questo popolo barbaro in Calabria, nella nostra patria, vicino allo Stilaro, presso il fiume sopra un monastero detto ... di Rodo Robiano ... sotto il monte di Stilo, nel quale villaggio vi è il nostro palazzo, ed in esso nascondemmo i nostri tesori”, e gli indicò il luogo dove li avevano posti. Dopo di ciò lo ammonì con parole salutari, dicendo:
2. “Figlio, nessuno può salvare la sua anima senza il battesimo, che è donato nella nostra patria, dove vi sono i cristiani ortodossi: infatti, restando qui, non potrai salvare la tua anima, giacché non hai chi ti battezza; se riceverai questo, guadagnerai il regno dei cieli”. La beata madre, detto ciò ed altre parole simili a queste, mosse e spinse suo figlio al divino zelo di diventare cristiano. Avendolo visto fermo e ... nella fede di Cristo, gli disse le parole del profeta: “Affida al Signore la cura di te, ed egli ti nutrirà” ; ed avendo detto così, gli diede una piccola croce che aveva segretamente presso di sé, e piangendo gli diede la materna benedizione e lo mandò via; quello, allontanatosi dalla madre, andò via. 3. Giunto presso il mare, trovò lì una barchetta e si imbarcò. Avendolo visto alcuni marinai barbari, lo inseguirono; ma egli, presa la croce che aveva ed essendosi voltato, li disperse: infatti scomparvero. Giunto dalle parti di Stilo sbarcò dalla barchetta, ma gli uomini di quella regione, avendolo visto vestito con un abito barbarico, lo credettero un barbaro e lo condussero dal vescovo. Avendogli chiesto il vescovo: “Da dove vieni? e cosa vuoi?”, rispose: “Vengo dal paese dei barbari desiderando diventare cristiano, e ricevere il santo battesimo, che, come ho udito, è somministrato in questa regione”. Il vescovo, per metterlo alla prova, gli disse: “Non puoi essere battezzato, essendo così grande di età, se prima non ti getti in una pentola piena di olio bollente”. Quello subito con ardore rispose: “Sono pronto a sopportare tutto; sia fatto come vuole la tua signoria, affinché riceva questo santo battesimo: infatti sono venuto per questo”. Allora il vescovo comandò di porre sul fuoco una pentola di olio a bollire, e stava ad osservare l’ardore del giovinetto: quello eccitava il fuoco, affinché bollisse subito, e quando vide che la pentola già bolliva, incominciò a togliersi le vesti, per gettarsi nudo nella detta pentola. Avendo visto ciò il vescovo che era stato a vedere e ad ammirare la sua audacia, corse e glielo impedì, ed avendolo preso lo portò in chiesa con molto e grande onore, lo battezzò e lo chiamò dal proprio nome Giovanni, e si trattenne con lui un numero sufficiente di giorni, in cui lo ammaestrò e gli insegnò le cose della fede. In quei giorni il santo, andando spesso in chiesa, vedeva molte icone dipinte di differenti santi, ed interrogava quelli che erano con lui dicendo: “Di chi è questa icona? e quest’altra di chi è?”, e così per le altre. Giunto presso l’icona di san Giovanni Battista chiese: “E chi è questo, vestito di una pelle di cammello?” e gli risposero: “Questo è san Giovanni Battista, che tu devi imitare: tu infatti ti chiami Giovanni come questo santo, e perciò dovrai imitarne la vita”. Avendoli esortati a narrargli la vita di questo santo, gli dissero che questo santo andò nel deserto ed ivi trascorse il resto della vita. Egli, avendo udito ciò, fu riempito di amore divino, ed andato dal vescovo gli chiese il permesso di andare in un luogo deserto dove potesse vivere in solitudine e salvare la sua anima; e gli mostrarono un luogo selvoso sul monte che era a settentrione, a circa due miglia di distanza, dove vi era un cenobio, dicendogli: “: “In quella casa abitano alcuni monaci che osservano la regola e l’ascesi del grande Basilio”. Il santo giovanetto, giunto in quel luogo, vi trovò i santi padri Ambrogio e Nicola. Egli li chiamava affinché lo accogliessero lì come monaco, ma quelli risposero: “Ritorna, o figlio, nel mondo; infatti sei ancora giovinetto, e sei venuto qui più per molestarci che per qualche buona intenzione”, ma quello con umiltà rispose: “O padri, non sono venuto da voi per qualche cattiva intenzione, ma solo desiderando la salvezza della mia anima”. E quelli: “Allontanati da noi, o figlio – dissero – perché non potrai sopportare qui con noi la regola del nostro grande padre Basilio, che noi sopportiamo, perché essa è molto rigida”. Ma quello rispose: “Potrò, venerandi padri, con l’aiuto di Dio e col vostro mezzo, sottostare a tutta la regola ed osservarne tutte le norme; perciò sono venuto qui da voi”. Quelli per molti giorni non lo fecero entrare, ma rimasero dentro a pregare, mentre il santo era fuori della porta aspettando con pazienza ed esortandoli continuamente ad accoglierlo. 4. Infine i padri, vedendone la perseveranza, lo condussero al monastero, lo vestirono dell’abito monastico, e gli insegnarono la regola e l’ascesi del grande Basilio; e lì rimase vivendo santamente. Dopo non molto tempo il santo si ricordò delle parole che gli aveva dette sua madre, ed espose tutto a quei santi padri: che egli era di quella regione, del villaggio distrutto chiamato Cursano, figlio del nobile che era stato ucciso dai barbari, e che aveva i tesori nascosti dove era il suo palazzo, e tutto il resto.
5. Uno di quei giorni dunque, il santo, prese con sé uno di quei santi padri, e insieme andarono nel luogo distrutto e cercarono i suoi tesori; avendoli trovati, li distribuirono ai poveri, secondo il precetto del loro padre, il grande Basilio.
S. BORSARI, Vita di San Giovanni Terista. Testi greci inediti, in “Archivio Storico per la Calabria e Lucania”, Roma, XXII, 1953, pp. 136-15
Tratto da http://www.santiebeati.it/Detailed/90861.html
Giovanni nacque verso il 995 a Palermo, dove la madre, già incinta, era stata portata prigioniera dai saraceni, che l'avevano catturata in un'incursione a Stilo. Istruito dalla madre, Giovanni, all'età di 14 anni, quando seppe delle vicende della sua famiglia, decise di ritornare a Stilo. Qui fu accolto e battezzato in uno dei monasteri della Valle dello Stilaro. Crescendo Giovanni fortificò la sua fede con la preghiera e l'ascesi.
Tratto da http://fosilaron.tumblr.com/post/77696617637/il-nostro-venerando-padre-giovanni-theristis Fonte: Il piccolo sinassario curato da Padre Daniele Castrizio
Oriundo forse dalla Siria, al tempo dell’imperatore Eraclio, ovvero negli anni 610-641, condusse vita ascetica tra i kellioti di Arsafià, sui monti di Stilo. Non ricordandosi più nulla della sua vita, nell’XI o XII secolo un ignoto innografo si ispirò al romanzo che narra le gesta dell’akrita, del militare di frontiera Vasilio, detto dìghenis perché nato da un emiro musulmano e da una bella cristiana ortodossa, fedele alla Vasilìa, all’impero dei Romani, e così cantò che Giovanni, figlio di un emiro musulmano e di una bella cristiana ortodossa, abbandonò la fede del padre e giunse a Stilo per abbracciare la fede della madre: prima ancora di diventare cristiano compì un miracolo, arrestando la corsa di alcuni buoi impazziti. Cantò anche che Giovanni vestì l’abito monastico per mano d’un igumeno chiamato Romano o Vasilio, e che fu istruito nelle Sacre Scritture direttamente dall’apostolo Paolo; come un albero piantato tra i fiumi Assi e Stilaro, produsse molti frutti di santità e un giorno mieté in un attimo un gran campo di grano minacciato dalla tempesta, meritandosi l’appellativo di Mietitore. Un più tardo canone, del XIII o XIV secolo, composto dal monaco Leonzio di Stilo, aggiunge che Giovanni, navigando nello Stretto di Messina diretto in Calabria, scampò prodigiosamente a un assalto di Saraceni. Tempo dopo, nel XIV o XV secolo, furono composte due Vite, poco dissimili tra loro, prive di qualsiasi fondamento, e purtroppo alla base di tutte le sciocche leggende che si narrano.
Da leggere I Bizantini e la vallata dello Stilaro:istituzioni ecclesiastiche e insediamenti monastici di Fulvio Calabrese,Giorgio Metastasio e Danilo Franco
in https://www.academia.edu/34826071/I_Bizantini_e_la_vallata_dello_Stilaro_istituzioni_ecclesiastiche_e_insediamenti_monastici
Inoltre CANONE A SAN GIOVANNI THERISTIS DEL NOSTRO SANTO PADRE BARTOLOMEO DI ROSSANO, DETTO IL GIOVANE, III IGUMENO DEL MONASTERO DI GROTTAFERRATA
Sta in http://padridellachiesa.blogspot.it/2014/02/da-parte-del-fratello-di-fede-gabriele.html
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